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Giovanni Falcone: biografia, anno di morte e frasi famose

Giovanni Falcone, nome completo Giovanni Salvatore Augusto Falcone, nato a Palermo il 18 maggio del 1939 e deceduto nella stessa città il 23 maggio del 1992, è stato un magistrato italiano particolarmente ricordato, vittima della mafia insieme alla moglie Francesca Morvillo  ai suoi tre uomini della scorta, rispettivamente Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani. Giovanni Falcone rappresenta uno degli uomini politici più importanti del panorama italiano, insieme al collega Giovanni Borsellino, impegnato attivamente nella lotta contro la mafia.

Biografia di Giovanni Falcone

Giovanni Falcone nasce all’interno di una famiglia benestante con due sorelle maggiori, crescendo all’interno del quartiere della Kalsa, lo stesso di Giovanni Boresellino. Al momento della sua nascita viene ricordata l’entrata di una colomba tenuta successivamente in casa come simbolo di pace. A Giovanni viene dato il secondo nome dello zio materno Salvatore Bentivegna, tenente dei Bersaglieri, deceduto in seguito ad una granata nel corso della Prima Guerra Mondiale, mentre il nome Augusto fu scelto dalla madre appassionata di storia.

Nel 1940 la famiglia di Giovanni Falcone decide di abbandonare il quartiere Kalsa in relazione ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, trasferendosi a Sferracavallo e successivamente a Corleone. In seguito all’armistizio di Cassibile la famiglia di Falcone ritorna al quartiere natale, mentre Giovanni si iscrive successivamente al liceo classico “Umberto I”. Oltre agli impegni in parrocchia Giovanni Falcone gioca a calcio presso l’Oratorio dove incontra Giovanni Borsellino, ritrovandosi con lui all’università di magistratura. Dopo la vittoria del concorso Giovanni Falcone entra nella magistratura italiana nel 1964, abbracciando i principi del comunismo sociale di Enrico Berlinguer. Nonostante l’omicidio del giudice Cesare Terranova, Falcone accetta l’incarico presso l’Ufficio istruzione nel settembre del 1979, arrivando alla sua prima inchiesta contro Rosario Spatola nel 1980.

Giovanni Falcone si rende conto della necessità di indagini patrimoniali e bancarie in stretta relazione con le mafie, mentre il 6 giugno 1983 Rosario Spatola viene effettivamente condannato con 75 esponenti della cosca Spatola-Gambino-Inzerillo, arrestato a New York nel 1999. Dal 1985 Cosa Nostra cerca di fare terra bruciata intorno a tutti i magistrati italiani coinvolti contro le mafie, mentre Giovanni Falcone arriva al maxiprocesso di Palermo terminato il 16 dicembre 1987 con la condanna di 360 persone. Nel 1986 Giovanni Falcone viene nominato Procuratore della Repubblica di Marsala, realizzando successivamente importanti operazioni antidroga.

Nel 1989 Giovanni Falcone è vittima di un attentato, detto attentato dell’Addaura, avvenuto nella villa affittata per le vacanze, ma il tentativo di ucciderlo non si rivela vincente. Al Palazzo di Giustizia di Palermo nel frattempo si verifica la vicenda del “corvo”, consistente in una serie di lettere anonime di diffamazione per diversi giudici compreso Falcone. Giovanni Falcone viene assassinato nella  strage di Capaci, il 23 maggio 1992, sotto l’esplosione di 1000 kg di tritolo.

Le frasi più celebri di Giovanni Falcone

“Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”.

“Credo che ognuno di noi debba essere giudicato per ciò che ha fatto. Contano le azioni non le parole. Se dovessimo dar credito ai discorsi, saremmo tutti bravi e irreprensibili”.

“Per vent’anni l’Italia è stata governata da un regime fascista in cui ogni dialettica democratica era stata abolita. E successivamente un unico partito, la Democrazia cristiana, ha monopolizzato, soprattutto in Sicilia, il potere, sia pure affiancato da alleati occasionali, fin dal giorno della Liberazione. Dal canto suo, l’opposizione, anche nella lotta alla mafia, non si è sempre dimostrata all’altezza del suo compito, confondendo la lotta politica contro la Democrazia cristiana con le vicende giudiziarie nei confronti degli affiliati a Cosa Nostra, o nutrendosi di pregiudizi: “Contro la mafia non si può far niente fino a quando al potere ci sarà questo governo con questi uomini”.

“Se vogliamo combattere efficacemente la mafia, non dobbiamo trasformarla in un mostro né pensare che sia una piovra o un cancro. Dobbiamo riconoscere che ci rassomiglia”.

“L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio, è incoscienza”.

“La mafia, lo ripeto ancora una volta, non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della società. Questo è il terreno di coltura di Cosa Nostra con tutto quello che comporta di implicazioni dirette o indirette, consapevoli o no, volontarie o obbligate, che spesso godono del consenso della popolazione”.

“La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto, bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave; e che si può vincere non pretendendo l’eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni”.

“Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola”.